Tutti i turisti che passavano a San Gregorio Armeno restavano incantati dalla maestria di Titina, l’ultima artigiana dei fiori di carta.
Si chiude un’altra porta del grande artigianato napoletano
Napoli e l’artigianato sono sempre andati a braccetto e Titina Ferrigno faceva parte di questa grande tradizione. Ci ha lasciato a 90 anni e fino all’ultimo ha confezionato con maestria i fiori di carta. La donna, sordomuta dalla nascita, aveva undici fratelli e imparò in tenera età a far nascere dalle sue delicate e fragili mani questi capolavori di arte umile ma importantissima per il popolo. Con questi fiori si adornavano gli altari, quando il caldo impediva di utilizzare i fiori freschi, ed erano accessibili a tutti.
Con la morte di Concetta (Concettina, Titina) se ne va completamente una tradizione, un pezzo di memoria storia del centro più “creativo” del napoletano. Dai quadri del Seicento, all’arte devozionale più povera che sfruttava i materiali più comuni per creare qualcosa di inevitabilmente bello.
La storia dei fiori di Napoli
Si tratta di una storia importante che vede fiori confezionati con perline e coralli, uniti da fili d’argento e d’oro confezionati dalle monache, fino alle opere fatte dalle ragazze indigenti che sostituivano i costosi manufatti provenienti dalla Francia. Luigi Charpentier fu il primo ad impiantare una fabbrica per la produzione di fiori, nel 1871. Impiegava ben 80 donne che producevano fiori esportati in tutta Europa. Anche le camelie di Chanel arrivavano da questa zona.
Titina era l’ultima depositaria di questa meravigliosa arte. I turisti se la ricorderanno davanti al suo basso, non davanti a un negozio bello ed elegante con le vetrine importanti e le porte come quelle di torinofinestre, ma incoronata da una distesa di fiori appesi a testa in giù che arricchivano di arte e colore il suo antro. La morte si è portata via la Titina, maestra d’arte e memoria di una tradizione millenaria.